Con il termine entesite si indica un’infiammazione delle entesi, ovvero i tratti di innesto nelle ossa di tendini e legamenti. Sono più comuni le entesite tendinee (che riguardano i tendini) rispetto a quelle legamentose (che interessano i legamenti), ma entrambe sono comunque piuttosto dolorose e tendono ad avere le medesime cause.
Il fattore principale e più comune che determina la comparsa dell’entesite è il sovraccarico funzionale. Sforzare costantemente un arto, sia con esercizi fisici ma anche con lavori di tipo usurante che richiedano la ripetizione costante dei medesimi movimenti, può comportare l’infiammazione di queste delicate aree dei tendini e dei legamenti.
Non è un caso, infatti, che le zone più interessate dalla comparsa della malattia delle intersezioni tendinee siano: la spalla, il gomito, il bacino (pubalgia), l’anca e la caviglia (tendine d’Achille). Alle cause di tipo funzionale, vanno aggiunte anche quelle determinate da patologie sistemiche (fra cui il diabete, gotta, artrite reumatoide, ecc.) e, anche se in casi più rari, i traumi.
Fra i sintomi più comuni per l’entesite ci sono quelli che si concentrano a livello locale nella zona interessata. Tendenzialmente si manifestano sottoforma di dolore, gonfiore, indolenzimento, calore e senso di rigidità.
Nei casi più gravi, quando i suddetti sintomi raggiungono livelli elevati, possono addirittura risultare debilitanti per il paziente, impedendogli in parte o completamente i movimenti con l’arto interessato. Se non diagnosticate e trattate con tempestività, le entesite possono anche sfociare in complicazioni quali: calcificazioni e deformazione ossea, trasformandosi in patologie croniche.
Il miglior modo per identificare l’entesite è consultare il medico o uno specialista e spiegare con chiarezza i sintomi, fornendo un’accurata anamnesi, senza omettere lavoro o tipo di attività fisica praticate. Se vi è un sospetto di entesite, verranno prescritti esami più dettagliati fra cui ecografia e risonanza magnetica.
I casi meno gravi di entesite possono essere facilmente curati con il cosiddetto protocollo RICE. Questo acronimo inglese racchiude in sé le parole: riposo, ghiaccio, compressione ed elevazione che riassumono con chiarezza le procedure più comuni per far fronte ai disturbi causati da questa patologia.
Se l’adozione di questa soluzione terapeutica fallisce e i sintomi persistono o si aggravano (nel giro di 8-12 mesi), verrà valutata la possibilità di un’operazione chirurgica. Quest’ultima soluzione ha tempi di recupero molto lunghi.